L’esperienza unica e allo stesso tempo paradigmatica del Nuovo Teatro Sanità
Dopo più di un anno di chiusura si parla ancora di riaprire.Ma a quali condizioni si riapre? Chi ha valutato che siano accettabili e sostenibili? E quali danni reali sta causando la mancanza di teatro?

Nel 2013 un gruppo di giovani artisti napoletani allestisce un teatro in seno ad una chiesa sconsacrata. L’iniziativa lodevole acquista sfumature ancor più particolari, perché il teatro prende vita nel Rione Sanità di Napoli, quartiere ricco chiaroscuri e contraddizioni: una realtà sociale e culturale del tutto unica, nella quale NTS (Nuovo Teatro Sanità) costruisce la sua casa.
In sette anni presenta al pubblico sette stagioni ricche e varie, in cui realizza produzioni interne eccellenti, premiate a livello nazionale e internazionale, e spettacoli di compagnie ospiti di rilievo.
Il collettivo di NTS, composto prevalentemente da artisti under 30, si pone l’obiettivo di un concreto impegno sociale e culturale nella comunità. Non un ente di volontariato, ma centro di produzione culturale.
Con quest’anima, non potevano non conquistare il cuore del vostro affezionato redattore, da sempre convinto del ruolo sociale e civile del teatro.
I palinsesti NTS non mancano di dare spazio alle produzioni locali di alta qualità artistica. Inoltre Nuovo Teatro Sanità è una scuola e una fucina di iniziative sociali che lavora in maniera concreta per avvicinare i giovani alle professioni del teatro.
NTS cresce forte e sano, alimentato dal talento vivace del collettivo e dalla risposta solida del pubblico. Nascono progetti nuovi, molte collaborazioni, anche internazionali, arrivano i premi. Come un bimbo geniale e precoce che si fa adulto e sicuro di sé.
Il teatro viene guidato, tra tempeste e zefiri, dall’esperienza del direttore artistico Mario Gelardi. Mario è autore e regista, anch’egli pluripremiato, ed esponente tra i più in vista del teatro civile.

NTS diventa un centro di iniziative per la comunità, un vero faro nel panorama teatrale di Napoli: un punto di riferimento per il quartiere e la città.
Il vostro umile redattore ammira da tempo – da lontano, ahinoi! – le iniziative dei colleghi partenopei. Brillano la concretezza e il forte impegno perché il teatro svolga il proprio ruolo nella coscienza comune. Spicca la ricerca di contatti e collaborazioni all’estero, in Europa e non solo, che dimostra una visione del teatro contemporanea, con gli occhi aperti sul mondo e sulla realtà culturale moderna.
Dopo sette anni trascorsi in costante e roboante crescita, affrontando e superando i problemi del far cultura in Italia, resistendo, e progettando sempre il teatro di domani, accade l’impensabile.
Arriva la stagione 2019/2020 e il cielo crolla.
In tutta Italia i teatri sembrano, forse per la prima volta, sulla stessa barca: spettacoli cancellati, artisti e maestranze senza lavoro. E soprattutto una totale mancanza di visibilità sul futuro.
In un mestiere che lavora in lunghe preparazioni e programmi a medio-lungo termine è, banalmente detto, un incubo. Però siamo tutti insieme, piccoli e grandi teatri, compagnie in vista e compagnie locali. Tutti accomunati dalle stesse difficoltà…
Oppure no?
La situazione assurda e surreale ha evidenziato problemi nel sistema cultura che erano piantati da tempo nella pelle come zecche all’ingrasso.
Scopriamo, come fosse una novità, la molteplicità di situazioni, di contratti, e quindi di necessità e richieste, che fa del teatro italiano una folla di piccole voci e non un coro.
Sgraniamo gli occhi, di fronte alle misure restrittive, che delineano intrinsecamente le priorità per il governo e la nazione, dalle quali emergiamo non necessari.

Più di un anno è passato e l’assenza di questa realtà apparentemente superflua, il teatro, mostra i suoi effetti. I danni si vedono sia dentro i teatri che fuori. Perché vivere in una comunità senza teatro è come vivere in una casa senza specchi: ci si abbruttisce senza accorgersene.
Ne abbiamo parlato proprio con il direttore artistico del Nuovo Teatro Sanità.
Intervista a Mario Gelardi, direttore artistico di NTS.
La vostra posizione nel panorama culturale partenopeo era, già prima del COVID, una di resistenza e di forte impegno sociale nel territorio. Quali effetti ha avuto sul quartiere, e sulla città, questo lungo fermo del vostro lavoro?
Il nostro è un teatro di comunità, frutto del lavoro di chi quel quartiere lo abita e lo vive ed ha scelto, crescendo, di mettersi al servizio per migliorare una condizione sociale e culturale che per molti doveva essere già segnata.
Crediamo nell’accoglienza, nelle porte aperte, non siamo assistenti sociali, ma operatori culturali. Cerchiamo di diffondere le nostre idee, il nostro lavoro, aprire le porte e accogliere chi ci vuole seguire: bambini, ragazzi e anche le loro madri. Ecco, in sintesi, ora manca quest’accoglienza, l’idea che la cultura sia qualcosa di vivo, fatto di carne e sudore e che possa migliorare la vita delle persone.
Cosa avreste voluto dallo Stato? Cosa avreste voluto, se è mancato qualcosa, dai lavoratori del settore cultura?
Purtroppo questo Stato, ma direi tutte le amministrazioni pubbliche e culturali, sono meccanismi talmente intasati dalla polvere del tempo e del clientelismo che non sono in grado di leggere quello che succede attorno. È sempre più difficile dare una definizione unica della parola “teatro”, i nostri amministratori non riescono ad avere lo sguardo aperto verso il futuro, il cambiamento e non solo sulla cultura.
Purtroppo lo stesso atteggiamento conservativo, di difesa dei privilegi accumulati, lo si può riscontrare in molte finte istituzioni indipendenti teatrali, che di indipendente non hanno più nulla. Siamo in un momento in cui alcuni pensano solo ad accumulare danaro e privilegi, i piccoli rischiano di soccombere.
Questa prospettiva ha lasciato eufemisticamente “perplessi” molti gestori, soprattutto nella fitta, e attivissima, rete delle capienze ridotte: possiamo riassumere tutto quello che non funziona nella riapertura prossima ventura?
Bisogna premettere che le regole proposte per una possibile apertura cambiano di continuo, è di questi giorni la proposta di aprire le sale solo a spettatori che hanno fatto un tampone o vaccinati. Ancora una volta c’è uno scollamento evidente tra la realtà e il legislatore. I piccoli teatri in proporzione hanno lo stesso trattamento economico e fiscale dei grandi, ma certamente non le stesse risorse. Io credo che si sia deciso di sacrificare il sacrificabile, noi teatri sotto i cento posti siamo questo sacrificabile.

Quali sono, e quali sono state sin qui, le vostre iniziative in questo periodo di fermo e di incertezza?
Abbiamo deciso di diventare una vera dimora per artisti senza casa che avevano voglia e necessità di continuare un percorso teatrale soprattutto formativo. Abbiamo accolto giovani autori e piccole compagnie facendoci promotori di progetti internazionali come R-evolution, che servirà a valorizzare la creatività di ben 14 giovani sotto i 35 anni, dando loro la possibilità di creare un progetto artistico in una serie di incontri e residenze tra Italia e Grecia.
Vogliamo sempre di più diventare un punto di riferimento per i giovani drammaturghi e le nuove compagnie, per crescere e creare insieme.
Cosa ci riserva il futuro, secondo la vostra personalissima sfera di cristallo?
Ci sono due prospettive da tener presente, una che riguarda il teatro in generale – e francamente non credo che il Piccolo di Milano o il Teatro Argentina avranno ripercussioni tali da mettere a rischio il loro lavoro; l’altra prospettiva è quella dei teatri piccoli, delle compagnie giovani, per queste categorie ci sarà da soffrire, resisterà chi ha le spalle forti. Purtroppo il rischio è quello di sparire nel silenzio o in un sussurro che verrà coperto da una politica teatrale che ormai sopravvive nonostante sia il fantasma di sé stesso. Finché i soldi andranno in un’unica direzione, il teatro italiano è destinato solo a sopravvivere.
Può sembrare prosaico farne solo una questione di soldi, ma per troppo tempo la nostra professionalità è stata svenduta sull’altare della passione.
Chi lavora va pagato!
Alberto Corba – 22 Aprile 2020 – Interviste