Una collaborazione solo rimandata

Il vostro umile redattore ha incrociato il cammino con Alberto Baraghini per la prima volta nel 2015. Teatro dei Lupi, deciso a produrre uno spettacolo divenuto poi punto di svolta nella storia della compagnia (Il Peggio, NDR) , indisse un casting per la ricerca di un attore e due attrici. Era necessario un alchemico equilibrio di voci e presenza scenica, ed un impegno prolungato nel tempo, per le prove e l’affiatamento del terzetto sul palco… affidandosi ad una compagnia, al tempo, totalmente ignota. Baraghini rispose “intrigato”.

In quell’occasione non riuscimmo a collaborare, ma il breve scambio di e-mail permise al vostro affezionatissimo di intuire qualcosa in merito al proprio fulvo omonimo. Si tese un filo sottile di reciproco interesse, rinfrancato di tanto in tanto con saluti, inviti ai rispettivi spettacoli e cordiali interazioni sui social network.

Baraghini ha decisamente qualcosa da dire. Ne ero convinto 5 anni fa e lo sono ancora di più oggi… per questo abbiamo ritenuto importante, oltre che un piacere per l’anima, intervistarlo in questo primo incontro con i protagonisti della Tana dei Lupi.

Dalla facoltà di agraria a Hidden: storia di un’avventura

Alberto Baraghini nasce nel 1984 a Cesena. Fino al 2008 segue un percorso di studi che lo conduce alla facoltà di Agraria, e a pensarci, oggi, ha senso immaginarlo impegnato a studiare e proteggere la vita che cresce. Nel 2010 si diploma alla scuola dell’Arsenale (scuola teatrale di Milano) ed avvia la sua carriera artistica caratterizzata da una costante esplorazione del mezzo espressivo. Alberto si impegna in una continua ricerca su se stesso: risuona nel proprio corpo e nella propria voce come uno strumento musicale, alla costante ricerca di nuovi accordi, si intona ai più diversi compagni di palco e di schermo scivolando tra commedia e tragedia, tra ironia e malinconia. In costante ricerca, mai fermo.

Collabora con Circolo Bergman, collettivo tra i più originali e trasversali attualmente in circolazione, sempre alla sfrontata esplorazione di nuove forme di ibridazione tra arti teatrali e performative; inoltre  anima, sostiene e co-dirige Apache, è un habitué al Litta (celebre teatro milanese), ha messo piede al Fringe di Edimburgo ed è forse il più attivo divulgatore di tutte le opportunità per addetti ai lavori.

Non posso non immaginare il suo volto se non frammentato a pointillage, o come un mosaico di mille personaggi diversi: nel corso degli anni si è impegnato in produzioni video, cinema, teatro e  performance pura. Tra le sue varie interpretazioni ricordiamo Hidden, una delle web serie più premiate degli ultimi anni che ha fatto il giro del mondo nei festival di settore, in cui è protagonista.

Inevitabilmente il vostro redattore ebbe un primo incontro dal vivo in occasione di una performance di Baraghini al Litta (il Moltiplicatore, 2016-NDR, va da sé un’opera performativa di sperimentazione narrativa). In quell’occasione, per me, Baraghini uscì dalla carta e dalla firma delle email per diventare una persona in carne ed ossa.

È signore e padrone del palco. Ogni rossa ciocca di capelli è lì dove massimizza il suo scopo, ogni passo è motivato, ogni gesto è calibrato. La voce è pulita, scandita, ferma eppure calda, espressiva. Una di quelle che i registi vorrebbero per giocare la sera con i propri personaggi; una di quelle che puoi piegare al comico, oppure piazzare sotto le dichiarazioni d’amore più intense.

Gli abbiamo posto alcune domande sul teatro e sul suo modo di viverlo, sull’arte di recitare, su questo lavoro faticoso e meraviglioso.

Il valore del teatro e della cultura secondo Baraghini

Cosa ti ha attratto dell’idea di fare l’attore?

La rottura della routine del quotidiano. Mi sono occupato di scienze agrarie fino al 2008, l’interesse per questo mestiere è cresciuto in parallelo con gli studi scientifici ed europei, fino a travalicare la soglia di guardia.  Sono mosso dalla convinzione che il discorso teatrale e le visioni di cui mi faccio rappresentante, possano incidere sulla società, abbiano un ruolo politico nel senso di attivazione della Polis, di un miglioramento dell’uomo.

Ami di più recitare in video o in teatro?

Ho cominciato per colpa del teatro, volentieri torno a caderci, una sorta di peccato originale ma, negli ultimi anni, soprattutto durante la felice stagione delle web series, ho manifestato più interesse, adesione e soddisfazione in ambito audiovisivo, che si trattasse di produzioni indipendenti come di prodotti mainstream.

C’è un genere teatrale o uno stile o un autore che preferisci? C’è differenza tra i testi che ami rappresentare e quelli che ami vedere rappresentati?

Sono ancora uno spettatore onnivoro, mentre sul fronte fattivo potrei ritenermi alquanto snob (pur spesso non potendomelo permettere).  Prediligo le scritture originali, o le riscritture, i “giovani” drammaturghi e tutto lo spettro che abbraccia le arti performative, fino a sbordare sull’arte contemporanea. Secondo la mia esperienza, il teatro necessità una forma di adesione che spesso non si può evocare a comando.

Cosa pensi della situazione della cultura in Italia oggi? Quale ritieni debba essere in ruolo dei professionisti della cultura e dell’arte oggi? Qual è secondo te il valore ed il potenziale del teatro in questo contesto?

Vorrei poter fare molto di più, e lo dico riallacciandomi alla funzione politica del fatto culturale.

Il comparto culturale crea ricchezza intellettuale ed economica e l’economia (con la politica che dovrebbe farsene carico progettuale) dovrebbe impiegare più risorse affinché questo circolo virtuoso possa reggersi e svilupparsi. Ci facciamo la guerra tra poveri in un evidentestatus di loose_loose spesso permanente.

Ci potrebbe essere spazio per (quasi) tutti eppure non ci riesce facile rinunciare a pochi privilegi acquisiti.

Certo, ci sono rendite di posizione non più tollerabili e che dovrebbero essere, in parte già lo sono, smontate e riassegnate, non solo in termini di redistribuzione del FUS ma anche di equa distribuzione delle responsabilità. Alcune amministrazioni locali riescono meglio di qualsiasi ministro alla cultura, a sostenere progettualità artistiche, inoltre sempre più enti privati sostengono il comparto culturale, a Milano come a Roma.

La mia categoria, che è mercenaria tra le definizioni, può e deve assumersi un ruolo nobile di responsabilità comunicativa e critica, riallacciando i numerosi fili che ci tengono separati, individui e comunità.

Su cosa stai lavorando ora?

Esco da una campagna elettorale in Emilia-Romagna emozionante e coraggiosa al pari dei miei migliori lavori.

Il 12 e 13 febbraio riprenderemo “BILDERATLAS”, spettacolo di punta di Circolo Bergman, al Cubo Teatro di Torino, e dalla seconda metà di febbraio sarò al teatro dell’opera di Roma con la regia di Ai Weiwei. 

A fine aprile al cinema con “Botticelli a Firenze, la nascita della bellezza” docu film per skyarte

Per ora Alberto Baraghini è questo, tutto questo, ma conviene non perderlo di vista, o non lo riconoscerete. Alberto continua a crescere, ad esplorare a lavorare su di se, affinandosi e sperimentando, trasformandosi attorno a sé stesso. Continua a premere sulle cornici e sui limiti della professione dell’attore, insofferente all’idea di fermarsi, refrattario al solo pensiero di restare contenuto in una definizione.

Alberto Corba – Intervista con i protagonisti

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