L’avventura di un amante delle storie nell’universo del gaming

Il vostro umile relatore, noto iperattivo, proattivo, masochista e vulcanico, qualche anno fa si trovava nella peggiore delle condizioni possibili.

Con molto, molto tempo da far passare. Una sorta di lockdown parziale ante litteram.

Come ormai sanno tutti, grazie alla saggezza educativa del COVID, far passare il tempo non è cosa semplice. Quante ore puoi passare a leggere? Quante a studiare? Quanti film, serie TV, documentari puoi vedere prima di impazzire e iniziare a ridecorare casa coi colori della Pimpa?

La pimpa
Ph. ActuaLittè

Il sottoscritto prese a far zapping per i video di youtube. Navigando balzellon balzelloni tra il gossip e fan theories sul Marvel Cinematic Universe, trailer di film in uscita, frammenti di interpretazioni magistrali di Shakespeare in lingua originale, Ted talks, curiosità, ricette, man-vs-food, filmati di viaggi.

Dopo un po’ anche il tubo di Youtube arriva al termine. Finisci gli interessi, esplori tutto quello che c’è di tutti gli argomenti che credi ti interessino.

CREDI è la parola magica che cambia tutto. Perché l’algoritmo di profilazione di Youtube ti conosce meglio di te stesso.

A un certo punto iniziano a comparirmi tra i suggerimenti delle sessioni di gioco di videogames di ultima generazione. E mi si apre un mondo.

Mi ritrovo a guardare ore ed ore di altre persone che giocano. Si chiamano gameplay, e ne rimango affascinato. Mi seducono le storie che i videogiochi raccontano e il solo modo in cui possono raccontarle sono le esperienze interattive dei videogiocatori.

E qui mi folgora una rivelazione. L’animazione digitale ha invaso rapidamente tutta l’industria del video: film, serialità televisiva, persino la pornografia.

È abbastanza naturale che in parte ci sia stata una contaminazione in senso inverso, ovvero che anche l’industria videoludica abbia assorbito i modi e le strutture narrative degli strumenti video più tradizionali.

Dopo aver sperimentato diversi tipi di gameplay, mi è venuta voglia di provare. Difficilmente vedo qualcosa che mi piace senza essere tentato di mettermi alla prova.

Ma ho resistito!

Ho ripetuto ossessivamente a me stesso il mantra che, paradossalmente, anche oggi mi sostiene.

NON SONO UN GAMER!

Semplicemente non lo sono. Sono uno che ama le storie belle e ben raccontate. E quindi non spenderò quei soldi, che posso invece investire in libri, teatro e birra buona.

Tuttavia, la mia risolutezza è stata polverizzata quando mi sono imbattuto nella saga di God of War. Una storia così intrigante, così ben scritta, così onesta. Abbinata ad una grafica che, soprattutto negli ultimi capitoli, è allucinante.

Ancora una volta, mi ha fottuto alla grande l’algoritmo dei social. Ho cominciato a vedere annunci di offerte speciali della PlayStation 4 in ogni angolo nella mia vita digitale. Ovunque mi appariva il logo invitante PS4. Un occhiolino blu su fondo nero.

Immagine della PS4
Ph. Alvaro Reyes

Sul far del Natale, mi ritrovo in fila in un negozio di videogame, deciso a lasciarmi sconfiggere dalla tentazione.

Poi la fila era troppo lunga. Come in un film di Hitchcock, il cartellino con il prezzo iniziò a danzare davanti a me, solleticando la mia coscienza di freelance della cultura con sensi di colpa alla uomo senza sonno.

Locandina de "L'uomo senza sonno"
L’uomo senza sonno, Brad Anderson, 2004

Sono tornato a casa, soddisfatto della mia virtù. Accendo il PC per scrivere qualche pagina e…

Eccola lì. La Playstation4, 1 Terabyte di spazio di memoria, un controller Dual Shock, edizione plain, cioè senza extra e senza giochi inclusi.

A 4 euro in meno rispetto al prezzo, in offerta stracciata, del negozio in cui facevo la fila un’ora prima.

È arrivata in 1 giorno. Si è installata da sola in 10 minuti e in mezzora mi stavo già domandando a cosa giocare, visto che non avevo nessun gioco!

Sono tornato nello stesso negozio in cui stavo per comprare la console. Ho preso 4 giochi, tra cui God of War 4, l’ultimo uscito della saga che ha sovvertito la mia scala dei valori.

Immagine dal gioco God of War 4
Ph. SteamXO

Da allora ho giocato. A volte tanto, a volte poco. A volte per nulla. Ho sperimentato diversi generi e scoperto un mondo che non conoscevo.

L’industria videoludica ormai viaggia a braccetto con quella cinematografica e televisiva. La presunta inferiorità di contenuti è solo nella testa di chi non sa di cosa parla.

Vengono impiegati attori professionisti non solo per le voci, ma anche per l’interpretazione. Infatti, grazie al face tracking, oggi è possibile registrare anche le microespressioni facciali.

VIdeo by. Kyle MC Donald

Vengono scritte storie appositamente per la fruizione in gaming. Storie in cui l’interattività e le immense possibilità dell’esperienza di gioco arricchiscono la narrazione.

È una esperienza diversa rispetto al cinema o alla lettura, ma in tutto e per tutto ha la dignità del miglior storytelling.

Tuttavia, ancora oggi, da utente felice e per nulla pentito di una Playstation già surclassata da un nuovo modello, ammetto senza problemi quanto segue.

CONTINUO A NON ESSERE UN GAMER

Ne conosco tanti, di gamer veri. Li apprezzo, li stimo e comprendo il loro mondo perchè comprendo le differenze con il mio.

Il mio approccio al gioco è funzionale alla storia. Se mi avete letto sin qui lo avete compreso.

Quel che conta per me è la vita dei personaggi: cosa vogliono, cosa temono, cosa amano. Cosa sacrificano e perché. La parte ludica deve essere funzionale a tutto questo. Deve arricchire la storia e suggellare il patto di sospensione di incredulità.

Il gamer invece, da definizione, ama il gioco. E se la storia lo supporta, ama anche la storia. Io, invece, di fronte a una porzione troppo abbondate di gioco, se sento la storia soffocare, storco il naso come quando trovi nel piatto un cibo che non ti piace.

I veri gamer obietteranno ora che un buon gioco non può esistere senza una buona storia. E hanno ragione. Io rispondo che la dirimente qui è quanta parte di gioco e quanta parte di storia siamo disposti ad accogliere, o sacrificare.

Amici gamers, lo sapete che non è una guerra tra gamers e storylovers! Si tratta solo di capire se l’indovinello per aprire la cripta Inca lo risolvi tu, Lara Croft o lo cerchiamo su Google.

Immagine Lara Croft
Ph. Indrid Cold

A.C- Editoriale – 14 Dicembre 2020

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