Ritorno a teatro una domenica di febbraio

Domenica 17 febbraio 2019, chi vi scrive è stato a teatro. Mancavo dalle poltrone da troppo tempo, complici mille motivi veri ed altrettante scuse. Mi dirigo verso il Teatro Menotti di Milano, luogo che amo particolarmente: è il palco su cui anni fa ho visto “Figli di Un Brutto Dio” (Musella – Mazzarelli) ed ho capito che tipo di teatro avrei voluto fare.

Ho scelto uno spettacolo di Familie Flöz: una compagnia tedesca che dal 1994 porta in scena un teatro unico, poetico, divertente, fresco. Il loro nuovo spettacolo si chiama Teatro Delusio ma, a dispetto del nome, non delude affatto: la rappresentazione è sempre accattivante e coinvolgente. Ne avevo bisogno come dell’aria che respiro.

 

 

vedi il trailer su Youtube

Entro in sala per primo. Amo entrare in sala per primo, soprattutto in un teatro che so già sarà gremito: da uomo di teatro, vedere la sala che si riempie è un’emozione arcana. Senza rendermene conto, sulla mia faccia si allarga un sorriso involontario, senza controllo.

Studio antropologico del pubblico della domenica

 

Accanto a me siede una coppia sulla sessantina. Lui ha un evidente parrucchino: forse lo ha rubato perché sono troppi capelli per essere il suo. Lei ha l’aria della signora bene di Milano, con tanto di bocca rossettata e strizzata rigidamente a nodo di palloncino. Sono rigidi, fasciati, infastiditi dalla gente.

Le poltrone di stoffa rossa una dopo l’altra si coprono di deretani di ogni misura e di ogni età. La pomeridiana della domenica regala emozioni: moltissimi bambini, famiglie intere con due / tre pargoletti palesemente incontenibili.

Una mamma frena un urlo in gola quando il diavoletto biondo scavalca le
poltrone, ridendo, per arrivare dal papà due file più in alto: strozza quel grido di rabbia ed agita invece inutilmente il pugno, perché a teatro non si urla e
soprattutto non si mettono i piedi sulle poltrone.

Io continuo a guardare l’ingresso, nella delirante speranza che entri una persona con la quale sto giocando un gioco che, palesemente, non so più giocare… e mi agito nervoso patendo il caldo ed i bambini che continuano a correre urlando qua e là.

In tutto questo sul palco tre tecnici stanno sistemando. Passano l’aspirapolvere, sistemano oggetti, montano pezzi di scenografia. Potevano farci attendere nel foyer 10 minuti in più penso io ingenuamente… perché è troppo spontaneo quello che sta succedendo sul palco… ci metto un attimo a capire. Giusto quell’attimo che mi separa dal buio in sala e poi… comincia lo spettacolo!

 

Photo: Valeria Tomasulo
Familie Flöz – Teatro Delusio
www.floez.net

Teatro Delusio: uno spettacolo indimenticabile

 

Una meraviglia di luci, colori, suoni, musica e poesia. E nessuna parola: tre attori che, grazie a maschere chiuse dallo  stile inconfondibile, botole ed effetti, interpretano un numero incalcolabile di personaggi. In men che non si dica questi affollano un palco, che ora è il backstage di un teatro, in cui si intrecciano storie di sogni infranti e amori che sfumano. Storie senza l’ombra di un lieto fine, delicatamente tragiche, petali di piombo che si posano sul cuore con una risata. Un po’ clown, un po’ marionetta, un po’ magia… quella vera.

Nulla va per il verso giusto in quel backstage, tutti cercano qualcosa che non trovano, tutti perdono qualcosa… ma non importa!

Perché dall’altra parte c’è il palco, c’è quello che non ci mostrano e che veramente conta. Dall’altra parte c’è Teatro.

 

Photo: Familie Flöz – Teatro Delusio www.floez.net

Dopo un’ora e mezza, lo spettacolo si chiude con un fantastico terzo tempo. Questo da solo varrebbe il biglietto! Si riaccendono le luci di sala e ti rendi conto che i bambini sono stati buoni tutto il tempo. La persona che aspettavo non è venuta ma non mi importa più. La coppia accanto a me ride ancora, lei ha perso il rossetto e l’espressione contratta, lui ha il parrucchino fuori posto… e sono bellissimi, si abbracciano e ridono.

Intanto i Famille Flotz senza dir nulla sono ancora sul palco, o meglio sul backstage.. si stanno riposando, stravaccati sulle sedie e, a terra, bevono lunghe sorsate d’acqua. Senza luci.

 

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