Antiche storie di formiche, frutti e gazze.
Godiamoci questa ennesima chicca del National Geographic, l’ultima ambientata in Sri Lanka.
Un dato mai menzionato su queste pagine, relativamente al piccolo paradiso che è lo Sri Lanka, è che si tratta di un’isoletta di 430 km. Nel suo punto più lungo. Se ci fosse un’autostrada a tagliarla da parte a parte ci metteresti 5 ore a passare da una costa all’altra, compresa una sosta per Rustichella al curry (Rusticurry?) e tè di Ceylon.
Dentro l’isoletta c’è una zona segreta. Una foresta pluviale dove l’acqua evapora praticamente appena toccato il suolo, creando scampoli di nebbia in balia del vento.
Un luogo magico, isolato dal resto del mondo in un ecosistema unico. Un mondo al di là del mondo dove la vita è una continua lotta per le risorse e la sopravvivenza.
Se fosse un film di George Lucas, vedremmo animali piccoli nutrirsi di animali microscopici, per poi essere mangiati da animali medi, che poi vengono fagocitati da animali enormi, poi giganteschi e così via. Una inception di violenza.
Madre Natura invece, proprio qui, ci regala alcuni dei più fulgidi esempi di collaborazione e gentilezza. Il vostro umile redattore ama pensare che lo Sri Lanka sia lì proprio a far da testimone per l’accusa, nel processo contro chi confonde la sopravvivenza del più adatto (survival of the fittest) con la sopravvivenza del più forte (survival of the strongest).
Prendiamo ad esempio il durian. È un frutto, non un animale. È fonte di nutrimento per decine di specie diverse, dal pipistrello della frutta alle scimmie sino a una varietà di insetti e volatili. È fonte di nutrimento anche per l’uomo, a dirla tutta.
Mentre gli uomini lo raccolgono e ne mangiano la parte buona senza dividere nulla con nessuno, gli animali si alternano tutti senza ressa, senza protestare e senza bisogno del numerino per decidere chi mangia prima di chi.
E quando a furia di sbocconcellare il frutto cade dall’albero, esso diventa cibo per una nuova schiera di commensali, combriccole striscianti e zompettanti a due, quattro, sei… mille zampe!
Gli scettici sostenitori del più forte contro il più adatto potrebbero ora puntare all’eccezione che conferma la regola.
Purtroppo per loro, la misty forest offre altri esempi, altre prove materiali e testimonianze, che convinceranno la giuria a una condanna senza indugi.
Prendiamo la gazza blu di Ceylon, che si chiama così perché c’è solo qui. È un animale dai colori meravigliosi. Non fermatevi alla foto qui sotto, guardatela volare, ammirate gli stormi appollaiati sugli alberi, blu e arancio su fondo smeraldo.
Fino allo schiudersi delle uova, la gazza blu si comporta come un qualunque volatile. Un nido banalotto nelle case popolari della foresta, lei cova le uova, lui difende il nido e le porta da mangiare. La sera litigano sul divano su cosa guardare alla tv. Poi lei ha mal di testa e vanno a dormire.
Poi si schiudono le uova. E tutto cambia. I piccoli hanno una fame che rivaleggia, in natura, solo con quella dei figli di alcuni amici miei.
Lui e lei vanno in giro come pazzi, saccheggiando tutti i rivenditori di insetti. E si alternano a far da guardia al nido, che i piccoli da soli sono indifesi.
In due, senza aiuto, non ce la farebbero mai. Ed ecco che succede una cosa magica. I figli delle precedenti covate, ormai adulti, si danno da fare per i fratelli più piccoli. E non solo loro! Zii zie, nonni, cugini, nipoti. Ogni gazza adulta divide il cibo con i parenti più piccoli e più affamati.
Senza lamentarsi, senza preoccuparsi della scarsità di cibo, della fatica. Senza ribattere che tre Natali fa, quando il cenone era a casa loro, non c’è venuto nessuno.
Due indizi non fanno una prova?
Vostro onore. Gentili signori e signore della giuria. Chiedo venga ammessa agli atti la testimonianza della oecophylla o formica tessitrice.
Resa famosa tra i bipedi umani da Ant-Man, che ne sfrutta le capacità collaborative nelle sue avventure, era in realtà già una star indiscussa nella comunità delle Formicinae.
Le formiche tessitrici collaborano raggiungendo qualunque obiettivo.
Si aggrappano le une alle altre, usando il proprio corpo come una tensostruttura per portare ovunque il filo di seta con cui avvolgono la tana.
Costruiscono ponti per consentire ad altre formiche di superare abissi altrimenti incolmabili.
Indefesse lavoratrici, prive di ogni egoismo, lavorano per proteggere la comunità, senza preoccupazione alcuna per l’individuo.
È chiaro a tutti il limite di ciascuno di questi esempi, che non reggono il confronto con la superiore complessità della società umana, con la sofisticatezza dei processi mentali dell’homo sapiens, con la più evoluta scala dei valori che interviene nelle relazioni umane.
Però, che cavolo, oggi han tentato di rubare un pacco in consegna per una mia amica, che aveva dentro i regali di Natale. Ok che non siamo formiche, ma un minimo di civiltà, vogliamo provare a tenerla?
E con questo ho concluso, vostro onore.
AC ORIGINE ANIMALE, 14 DICEMBRE 2020