La saggezza del Bisonte di fronte a due vicoli ciechi
Attesissimo ed eccezionalmente a orario aperitivo ecco il post ispirato ai documentari del National Geographic. Oggi emozioni forti con Wild Yellowstone. Stufo di parlare di caccia e rituali d’accoppiamento, ho invece preso ispirazione dalla triste vita del bisonte.
L’inverno arriva feroce e improvviso e la particolare geologia del parco lo rende, spesso, abbondante di neve. Il bisonte deve spostarsi in zone più calde, dove l’erba non è gelata e dove non bisogna scavare sotto una soffice barriera di gelo.

Soffre, il bisonte. Non per il freddo, da cui è ben protetto, ma per la fame: la sua mole è la sua difesa principale, ma richiede calorie e nutrimento. Gli serve erba, anche non freschissima, anche quella dell’Esselunga, in offerta perché scade.
Il bisonte ha bisogno di mangiare un bel po’, per sopravvivere. Per fortuna a poche giornate di cammino ci sono i geyser, in una regione favolosa in cui la neve non attecchisce.

È il supervulcano di Yellowstone. (Si chiama così, SUPERVULCANO, science language bitches!).
Pochi giorni di cammino. Per sopravvivere, mica per sfizio. Il bisonte non teme il freddo, ma non si muove per nulla bene nella neve. Una fatica ingrata spingere la sua massa compatta e pelosa attraverso la neve.
A volte è più di un metro di neve. Si scioglie e gela di nuovo in zavorre ghiacciate nel pelo folto. Le madri aprono la strada ai giovani, ancora troppo deboli. I vecchi del branco restano indietro a far da esca per i lupi e i coyote.
Il branco si muove, disperato, lentissimo e stanco verso quella miracolosa riserva di cibo ancora disponibile, nonostante il lungo inverno di Yellowstone.
E ci arrivano sempre. Decimati dal freddo, dalla fame e dai predatori. Ma ci arrivano. A quella distesa di erba gialla, insipida e secca che li terrà in vita sino a primavera.

Questo non è un lieto fine
Sarebbe così bello chiudere qui con un bel “e vissero felici e contenti”. Ho così tanta voglia di un bell’happy ending di questi giorni. Avrei proprio bisogno di tutte le molteplici versioni di happy ending, peraltro, che è uno dei motivi per cui non ho parlato dei rituali di accoppiamento degli arieti.
Invece il bisonte non ha alcun lieto fine, cade vittima del pesante sarcasmo di Dio. L’erba che lo tiene in vita è irrorata dall’acqua fangosa sputata verso il paradiso dai geyser.
Quell’acqua è ricca di silicati, che cristallizzano e consumano i denti dei bisonti. Il bisonte vive in media vent’anni; tuttavia, nutrendosi di quell’erba per tutti gli inverni della sua vita, resterà senza denti dopo dodici anni e morirà di fame.
Il bisonte, per sopravvivere, è costretto a fare qualcosa che lo ucciderà. Morirà più lentamente, soffrendo di più, rispetto alla morte misericordiosa, omaggiatagli dall’oblio del freddo o dalla ferocia dei lupi.
Eppure vivere un inverno in più è comunque una scelta sensata, anche se significa vivere otto anni in meno.

Lo è per il bisonte che la prossima primavera si accoppierà di nuovo, correrà su prati verdissimi e incontaminate praterie senza pensare all’inverno seguente.
E sognerà che quell’estate non finisca mai. Per poi tornare, alla prima neve, a sopravvivere, uccidendosi un altro poco.
AC. ORIGINE ANIMALE 1 NOVEMBRE 2020