Il gambero pavone, il diavolo nel paradiso delle Hawaii
Di nuovo qui su Origine Animale per una riflessione sul mondo della natura e quello degli uomini. La vita degli animali meno conosciuti, i loro comportamenti e rituali sono solo curiosità, uno spunto, o forse sono una metafora, magari un simbolo o un esempio da seguire?
Ce lo chiediamo ogni settimana tra una riga e l’altra, prendendo spunto dai magnifici documentari National Geographic, che ringraziamo perché alleggeriscono la brutalità selvaggia del vivere tra gli uomini.
Questo weekend il vostro umile redattore si è goduto Wild Hawaii e si è soffermato su un animale che potrebbe costituire l’ultimo livello di mostruosità della fauna marina. Una creatura amica dei fondali, delle sirene disneyane e dei sogni di bimbo: il gambero pavone.

Esistono oltre 400 specie di gamberi al mondo. Anche solo in quel piccolo stagno che è il Mediterraneo se ne trova un numero incredibile di varianti. Il gambero pavone però non è solo un cugino lontano: è molto più di un parente piazzatosi tra le Hawaii e l’Africa orientale, molto più di uno zio che ha fatto i soldi. È una creatura da incubo, straordinaria e terribile. Un re folle e dissennato. Un tiranno crudele di dieci centimetri e pochi grammi di peso.
Sto esagerando?
Il gambero pavone per la scienza è l’Odontodactylus scyllarus, battezzato da Linneo, che forse lo chiamò così in onore al mostro Scilla. Come ogni creatura mitologica, ha un sacco di nomi comuni derivati dagli incubi dei comuni ignoranti: come il sottoscritto, terrorizzati all’idea di un gambero pavone gigante che inghiotte il mondo, senza Godzilla a proteggerci.

Il gambero pavone si muove agile sui fondali, praticamente privo di predatori: perfino quell’altro mostro del polpo, che fa molta più paura al superficiale occhio umano, ha qualche problema con questo gambero terribile.
Il carapace sgargiante del gambero è un materiale così duro ed elastico che è allo studio degli ingegneri di tutto il mondo per possibili applicazioni militari. Inoltre il gambero pavone può dissuadere anche il polpo più ardito grazie all’abilità di artigliere del genio nell’esercito animale.
Il gamberetto colorato costruisce granate. Raccoglie e trattiene delle sacche d’aria, che poi fa letteralmente esplodere, producendo calore e luce. Una bomba a mano.
Quanto alla propria dieta, è un trituratore imbattibile, un carnivoro per nulla schizzinoso. Le prede più facili sono conchiglie, paguri, altri crostacei meno agili. Li cattura con la forza delle proprie zampe e senza troppi problemi ne spezza il guscio per ingozzarsi di frutti di mare. Se avesse le dimensioni, in proporzione, avrebbe la forza di spezzare la chiglia di una nave da crociera, lo scafo di un sottomarino.
Inizia a fare un po’ paura, il tenero gambero pavone?

Il predatore più bello è anche il più pericoloso
Ed è solo l’ingresso della galleria degli orrori. L’occhio del gambero pavone coglie un gamma di frequenze luminose fino a tre volte superiore a quella dell’occhio umano. È stato studiato per la tecnologia laser dei lettori cd, per scopi militari e applicazioni di robotica. Le sue pupille mutano come macchie di Rorschach e non perdono nulla di quel che accade: vede il proprio mondo meglio di qualunque predatore, meglio di qualunque preda, meglio di noi.
Il nostro piccolo mostro, se non bastasse, è un boxeur micidiale, un Tyson degli abissi, uno Sugar Ray dei mari tropicali. Può tirare pugni alla velocità di un proiettile calibro 22: un colpo può uccidere o stordire un pesce, e poi ha delle tenaglie in gola per mangiarlo con tutta la lisca.

Voi qui lo vedete tenero e simpatico, con quei buffi occhietti e pennacchi colorati, una sorta di buffone di corte. Non fatevi ingannare. Il suo aspetto è la più grande truffa, l’arma più intelligente.
E se il suo colore così sgargiante non fosse solo un artificio mimetico? Se fosse un’esca, un diversivo? Non per altri animali del fondale, ma per gli uomini. Così bello e unico. Così lontano dalla nostra idea di mostro.
Gli appassionati di tutto il mondo hanno provato ad addomesticare il demone cangiante. Pensate che sciccheria sfrontata mostrare i suoi bei colori nella luce ipnotica di un acquario. Pensate gli ospiti affascinati, pensate i collezionisti invidiosi.
L’Abominio Hawaiano non è nato per le gabbie e per prima cosa si mangerà ogni altro abitante dell’acquario. Pesci, conchiglie, altri gamberi, coralli… nulla resiste alla pressione delle sue chele, alla stretta delle sue fauci.
Dopodiché, levato il capo dal fiero pasto, forte delle calorie e dei grassi assimilati, potrebbe anche colpire il vetro con la forza del suo pugno. Un calibro 22, ricordate?
Una volta, due, tre. Fino a produrre una piccola crepa.
Quattro, cinque, sei. E il vetro si rompe. Divelta la porta della prigione di cristallo, usando la sua ultima riserva d’aria, si trascinerà su pavimenti, tappeti e moquette. Per venirvi a cercare.
Voi ignari bipedi arroganti. Voi convinti che una creatura sia un pagliaccio perché ne veste i colori, che un monaco sia un uomo di Dio perché ne porta l’abito, che un criminale sia tale per il colore della pelle, che una cravatta e un mento rasato siano sinonimi di serietà, che una gonna corta sia un invito, che un sorriso sia sempre cortesia.
Intrappolati dall’apparenza, sarete ingannati da un crostaceo più evoluto di voi. Un essere che vi scruta con occhi superiori ai vostri e vi vede per quello che siete: una specie che ha smesso di evolversi e sta, anzi, camminando all’indietro, come un gambero, persa nell’autocompiacimento.
Il più grande inganno del diavolo non è convincere l’uomo che non esiste, ma convincerlo che non può essere una creatura così bella.
AC. Origine Animale, 23 Novembre 2020